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Mostre e Cultura
L'architetto e Margherita
di Franco Monteforte
Il cippo fatto erigere sull'altopiano di Asiago in ricordo di
Roberto Sarfatti
16/7/2004
URL:
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Il cubo di pietra venne commissionato da Sarfatti, scrittrice e
amante di Mussolini, a Giuseppe Terragni, esponente del
razionalismo. Che cadde in disgrazia.
In cima al Col d'Echele, sull'altopiano di Asiago, un monolitico
cippo, un cubo, si innalza su due ali di ruvida pietra,
preceduto da due stretti muraglioni attraverso cui passa la
breve scalinata che porta alla sua facciata su cui sono incise
queste semplici parole: «Roberto Sarfatti volontario
diciassettenne Medaglia d'Oro caporale del 6° Alpini qui cadde,
questa terra rivendicando all'Italia».
Č un piccolo monumento, disegnato nel 1935 da Giuseppe
Terragni, di cui ricorre quest'anno il centenario della
nascita, per Margherita Sarfatti, scrittrice e critica
d'arte, amante di Benito Mussolini, che lo volle dopo il
ritrovamento (nel 1934) del corpo del figlio, morto nel 1918
durante l'assalto alla cima del Col d'Echele. Attorno alle
vicende progettuali del monumento, Jeffrey T. Schnapp ha
costruito una bella mostra al Museo Palladio di Vicenza,
In cima. Giuseppe Terragni per Margherita Sarfatti. Architetture
della memoria del '900 (fino al 9 gennaio 2005, catalogo
Marsilio), che colloca, a giusto titolo, quest'opera di Terragni
fra i capolavori pił alti del moderno monumentalismo
razionalista europeo, alla cui progettazione non fu estraneo il
gusto di Sarfatti.
Terragni, allora appena trentenne e gią esponente di punta
del razionalismo architettonico italiano, realizzava in quegli
anni a Como la sua celebre Casa del Fascio, mentre
Margherita Sarfatti, al culmine della sua fama, conservava
ancora a 54 anni tutta la sensualitą e il fascino intellettuale
che ha nel ritratto di Mario Sironi del 1916, esposto a Vicenza
assieme ad altre opere di Boccioni, Funi, Sant'Elia e dello
stesso Terragni che ne testimoniano i legami e la forte
influenza sulla pittura e l'architettura del primo Novecento.
Con la nuda geometria delle sue forme archetipiche (il cubo, la
croce, la scala) e il volto scabro della pietra, Terragni dą
vita qui a un'architettura che fonde arcaismo e modernitą,
un monumento antiretorico e antimonumentale che ha il suo pił
immediato precedente in quello berlinese a Karl Liebknecht e
Rosa Luxemburg di Mies van der Rohe fatto demolire da Adolf
Hitler nel '33, e il suo esito pił recente nel monumento ai
Partigiani di Aldo Rossi sulla piazza del Municipio a Segrate
(Milano), a conferma che il linguaggio dell'architettura moderna
si sviluppa al di sopra di ideologie e regimi politici
contrapposti.
Ma il «monumentino» di Terragni («il caro segno» come lo
chiamava la Sarfatti) ha un'intensitą poetica e malinconica che
nasce dalle infinite suggestioni che la sua stessa forma di
cripta all'aperto e di croce riverbera nel grande vuoto del
paesaggio circostante. Una dolente simbologia sacrificale e
di solitudine che, al di lą dell'asciutto ricordo del ragazzo
caduto, sembra prefigurare il destino stesso dell'architetto e
della sua committente. A partire dal 1935, infatti, il
razionalismo astratto e anticelebrativo di Terragni entra in
disgrazia agli occhi del regime e l'architetto comasco morirą
nel '43 con la mente sconvolta al ritorno dal fronte russo.
Anche per Sarfatti nel '35 comincerą il declino fino a essere
inserita nel '38 in una lista di intellettuali fascisti ebrei da
emarginare dalla vita pubblica. Emigra allora dall'Italia per
farvi ritorno solo nel '47, morendo infine, dimenticata, nel
1961.
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